Responsabilità
patrimoniale delle società di capitali
D.Lgs. 17.01.2003, n.
6, modificato da
D.Lgs. 06.02.2004, n.37
Art. 2325
1. Nella società per
azioni per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio.
2.
In caso di insolvenza della società, per le obbligazioni sociali sorte
nel periodo in cui le azioni sono appartenute ad una sola persona, questa
risponde illimitatamente quando i conferimenti non siano stati effettuati
secondo quanto previsto dall’articolo 2342 o fin quando non sia stata attuata
la pubblicità prescritta dall’articolo 2362.
[2325. – Nozione: Nella società per azioni
per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.
Le quote di
partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.]
N.B.
Nella società per
azioni i soci non sono di regola responsabili per le obbligazioni contratte
dalla società.
È superato il
disposto del vecchio articolo 2362 del codice civile: l’ipotesi dell’unico
azionista non viene più considerata patologica, ma ad essa viene attribuita nel
nuovo codice piena dignità.
L’unico azionista
può essere chiamato a rispondere illimitatamente, per le obbligazioni sociali
sorte nel periodo in cui le azioni risultano essere da lui interamente
possedute, solo nell’ipotesi in cui si verifichi l’insolvenza della società,
con conseguente assoggettamento a procedura concorsuale.
Mentre nella
vecchia versione tale regola era ferrea, nella novella è di carattere
residuale, poiché l’unico azionista è chiamato, in caso di insolvenza, a
rispondere solo se non si è ottemperato a quanto prescritto dagli articoli:
(i) art.
(ii) art. 2362,
che impone di depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese una
dichiarazione, nell’ipotesi in cui le azioni risultino appartenere ad una sola
persona o muti la persona dell’unico socio.
Si deve
sottolineare che, nei casi in cui tali adempimenti siano correttamente posti in
essere, l’unico azionista non è assoggettato alla responsabilità illimitata per
le obbligazioni sociali, neppure in caso di insolvenza della società: tale
regola si applica per le obbligazioni sorte a partire dal 01.01.2004, data di
entrata in vigore delle nuove disposizioni. Per quelle sorte sino al
31.12.2003, continua a trovare applicazione la vecchia versione del codice.
Autonomia patrimoniale e personalità
giuridica
Acquisto della personalità giuridica con
l’iscrizione ex art. 2330
Cass.
19.11.1981, n.
La personalità giuridica acquistata dalla
società di capitali con l'iscrizione di cui all'art. 2330, c.c., e la perfetta
autonomia patrimoniale che vi inerisce, comportano l'esclusiva imputabilità
alla società degli atti compiuti e dell'attività svolta in suo nome e delle
relative conseguenze patrimoniali passive, con la conseguenza che (al di fuori del caso tassativamente
previsto dall'art. 2362, c.c.),
la violazione delle regole del diritto societario che si sia
tradotta in danno per la società, o per i creditori o per i soci o per i terzi,
ha come unica sanzione la responsabilità civile degli amministratori ed
eventualmente anche dei sindaci, ma non comporta la possibilità che la
titolarità della relativa impresa dalla società possa attribuirsi o propagarsi
ai soci che, dietro lo schermo della società, svolgano, come propria e
personale, l'attività formalmente imputabile alla prima.
Il negozio
indiretto, il quale è caratterizzato dall'adozione di uno strumento negoziale
tipico per realizzare uno scopo diverso da quello che ne costituisce la causa,
va distinto dagli effetti anomali o mediati che dalla stipulazione di un
contratto tipico derivano come conseguenza collegata al mezzo tecnico adottato.
Pertanto,
nell'ipotesi di alienazione delle quote di partecipazione ad una società di
capitali, in cui si verifica anche il contestuale trasferimento della
corrispondente porzione di patrimonio sociale - comprensiva di debiti o crediti
- e degli immobili che eventualmente la compongono, tale trasferimento non
costituisce l'effetto della stipulazione di un negozio indiretto, ma è una
conseguenza della autonomia patrimoniale perfetta delle società di capitali.
Autonomia
negoziale delle società di capitali
Cass., 12.04.2005,
n. 7536
Il principio di
autonomia negoziale è applicabile al contratto di società di capitali, con i
limiti derivanti dalla circostanza che l'art. 2249 c.c., nel prevedere che le
società aventi ad oggetto l'esercizio di attività commerciali devono
costituirsi secondo i tipi di legge, non consente l'adozione di clausole
statutarie incompatibili con il tipo di società prescelto.
Autonomia patrimoniale esclude la
riferibilità del patrimonio al socio
Cass. 25.01.2000, n.
Gli istituti dell'autonomia patrimoniale
e della distinta personalità giuridica della società di capitali rispetto ai
soci comportano la esclusione della riferibilità a costoro del patrimonio (ivi
compresi i titoli azionari di altre società) intestato alla prima, anche nella
ipotesi in cui uno dei soci possa essere considerato (eventualmente attraverso
un'Anstalt a lui facente capo la quale risulti intestataria della quasi
totalità del capitale della società) il socio di larga maggioranza.
Imputabili alla società iscritta gli atti
compiuti in suo nome
Cass. 19.11.1981,
n.
La personalità giuridica acquistata dalla
società di capitali con l'iscrizione di cui all'art. 2330, c.c., e la perfetta
autonomia patrimoniale che vi inerisce, comportano l'esclusiva imputabilità
alla società degli atti compiuti e dell'attività svolta in suo nome e delle
relative conseguenze patrimoniali passive.
Ne consegue che al di fuori del caso
tassativamente previsto dall'art. 2362, c.c., la violazione delle regole del
diritto societario che si sia tradotta in danno per la società, o per i
creditori o per i soci o per i terzi, ha come unica sanzione la responsabilità
civile degli amministratori ed eventualmente anche dei sindaci, ma non comporta
la possibilità che la titolarità della relativa impresa dalla società possa
attribuirsi o propagarsi ai soci che, dietro lo schermo della società,
svolgano, come propria e personale, l'attività formalmente imputabile alla
prima.
art. 7, D.L. 30.09.2003, n. 269,
convertito con modificazioni in
L. 24.11.2003, n. 326
1. Le sanzioni
amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con
personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.
2. Le
disposizioni del comma 1 si applicano alle violazioni non ancora contestate o
per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore
del presente decreto.
3.
Nei casi di cui al presente articolo le disposizioni del decreto legislativo 18
dicembre 1997, n. 472, si applicano in quanto compatibili.
Nota 13.07.2005, 1949/IV/2005, Agenzia
delle Dogane
I principi di colpevolezza, le cause di
non punibilità e i criteri di determinazione della sanzione prevista dal Dlgs 472/97
sono compatibili con la nuova impostazione normativa.
Responsabili per la sanzione
amministrativa
art. 11, D.Lgs. 18.12.1997, n. 472
1. Nei casi in cui una violazione che
abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal
dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica
nell'adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal
rappresentante o dall'amministratore, anche di fatto, di società, associazione
od ente, con o senza personalità giuridica, nell'esercizio delle sue funzioni o
incombenze, la persona fisica, la società, l'associazione o l'ente
nell'interesse dei quali ha agito l'autore della violazione sono obbligati
solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il
diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti (art. 2, c. 1, lett. d), D.Lgs. 05.06.1998, n. 203)…
5. Quando la violazione non è commessa
con dolo o colpa grave, il pagamento della sanzione e, nel caso in cui siano
state irrogate sanzioni diverse, il pagamento di quella più grave, da chiunque
eseguito, estingue tutte le obbligazioni. Qualora il pagamento sia stato
eseguito dall'autore della violazione, nel limite previsto dall'articolo 5,
comma 2, la responsabilità della persona fisica, della società,
dell'associazione o dell'ente indicati nel comma 1 è limitata all'eventuale
eccedenza.
6. Per i casi di violazioni commesse
senza dolo o colpa grave, la persona fisica, la società, l'associazione o
l'ente indicati nel comma 1 possono assumere il debito dell'autore della
violazione.
7. La morte della persona fisica autrice
della violazione, ancorché avvenuta prima della irrogazione della sanzione
amministrativa, non estingue la responsabilità della persona fisica, della
società o dell'ente indicati nel comma 1.
Soggettività
giuridica esclude la legittimazione del socio alla impugnazione ex art.
Cass. 11.10.1999, n. 11369
La soggettività giuridica piena della
società di capitali, soggetto distinto da quello dei singoli soci, comporta che
in caso di fallimento della stessa questi ultimi abbiano un interesse solo
indiretto al miglior risultato liquidatorio del patrimonio della società.
Essi, in quanto tali, pertanto, sono
sforniti di un interesse proprio e diretto, nei termini di cui all'art. 100,
c.p.c., idoneo a legittimarli ad esperire il reclamo a norma dell'art. 26,
L.F., che pur attribuisce la legittimazione alla relativa impugnazione a
"chiunque vi abbia interesse", contro i provvedimenti del giudice
delegato concernenti la vendita di beni della società fallita, in funzione di
un miglior risultato liquidatorio.
Denazionalizzazione di società italiana a
danno dei creditori
App. Trieste, 09.10.1999, in Riv. not., 2000, pag. 167
La delibera di trasferimento della sede
sociale all’estero che comporti la perdita della nazionalità italiana si
configura – a tutti gli effetti, ed in particolare rispetto alla previsione
dell’art. 25, c. 2, lett. c, L. 31.05.1995, n. 218 – quale vera e propria
estinzione della società; dal punto di vista dell’ordinamento giuridico
italiano infatti, tale "denazionalizzazione" avrebbe implicazioni
ancor più drastiche e trancianti rispetto alle ordinarie ipotesi di
scioglimento e di liquidazione di cui agli artt.2448 e segg., c.c., considerando
ad esempio come la conseguente cancellazione della società – siccome non
preceduta dalla procedura di liquidazione – renderebbe inoperante, tra l’altro,
la garanzia a favore dei creditori prevista dall’art. 2456, c. 2, c.c.
Società trasferita all'estero non può
assumere una forma non prevista nell’ordinamento italiano
App. Torino, 01.12.1995, in Giur. comm., 1996, pag. 415
È illegittimo che, a seguito del
trasferimento all'estero della sede sociale, la società italiana si trasformi
in un tipo non contemplato dall'ordinamento nazionale (nella specie è stata
omologata la delibera di una società a responsabilità limitata italiana quanto
al trasferimento della sede in Svizzera, e non quanto alla trasformazione in
società anonima di diritto svizzero).
Deroghe nel diritto internazionale
privato al principio della responsabilità limitata
Cass. 22.03.2000, n. 3365
Non è contraria all'ordine pubblico
italiano la condanna personale del socio o amministratore di società per
azioni, per fatti ascrivibili a quest'ultima.
Nel nostro ordinamento il socio o
l'amministratore di società di capitali, in certe circostanze (artt. 2362,
2947, c. 2, e 2449, c. 2, c.c.), risponde personalmente dei debiti di questa,
onde si palesa l'impossibilità di elevare al rango di principio fondamentale
quello della responsabilità limitata del socio di società di capitali, che, se
pure espressamente affermato in via generale dagli artt. 2325, c. 1, e 2472, c.
1, c.c., trova tuttavia deroga in casi particolari.
Responsabilità dei soci
Confusione del patrimonio del socio con
quello della società
Cass.
28.04.1994, n. 4111
Cass.
25.01.2000, n. 804, in Giur. it. 2001,
pag. 306
Cass.
16.11.2000, n. 14870, in Giur. it., 2001,
pag. 306
La circostanza che un socio disponga,
direttamente e/o indirettamente - nella specie attraverso una anstalt dal
medesimo fondata - dell'intero capitale sociale di una società di capitali, non
comporta la confusione del patrimonio personale del primo con quello della
seconda, e perciò i creditori dell'uno, pur se socio sovrano o tiranno, non
possono aggredire i beni dell'altra, sottraendoli alla loro primaria funzione
di garanzia dell'adempimento delle obbligazioni sociali.
Invece, proprio per rafforzare questa
funzione, a norma dell'art. 2497, c. 2, c.c., nella formulazione previgente a
quella introdotta dall'art. 7, D. Lgs. 03.03.1993 n. 88, nel caso di insolvenza
di una società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sorte nel periodo
in cui le quote sociali siano appartenute ad un solo socio, questi ne
rispondeva illimitatamente con il suo patrimonio.
Abuso della personalità giuridica
Cass. 25.01.2000, n. 804, in Società, 2000, pag. 846
Tali conclusioni si impongono ancor a più
forte ragione, quando manchi la dimostrazione della sussistenza di
comportamenti suscettibili di essere qualificati come abuso della personalità
giuridica (configurabile con riguardo alla natura fittizia o fraudolenta
delle partecipazioni di minoranza, e ravvisabile allorchè alla forma societaria
corrisponda una gestione individuale, che rende ipotizzabili la responsabilità
illimitata del socio "tiranno" con il proprio patrimonio, nonchè
forme di responsabilità civile e penale), manifestandosi in tale ipotesi la
esigenza di tutela delle partecipazioni di minoranza non fittizie o
fraudolente.
Estensione
della limitata responsabilità dei soci richiede la unanimità
Cass. 23.02.1984, n.
Deve essere considerata (alla luce della disciplina propria
delle) società di persone, e non società di capitali, benché
qualificata in quest'ultimo senso in sede di costituzione, la società il cui
atto costitutivo preveda a carico dei soci l'obbligo di ulteriori apporti oltre
i conferimenti iniziali, non determinati ex ante, ma determinabili solo in rapporto alle future non
prevedibili necessità connesse al conseguimento del fine sociale, nonché
l'obbligo di partecipazione alle perdite oltre il limite dei conferimenti in
considerazione dell'incompatibilità di dette clausole con i connotati
essenziali delle società di capitali.
Pertanto, per la proroga della durata di una tale società fissata
nell'atto costitutivo, non è sufficiente la maggioranza di cui all'art. 2486
c.c., relativo alle società a responsabilità limitata, bensì occorre il
consenso di tutti i soci a norma dell'art. 2252, c.c., applicabile alle società
in nome collettivo in virtù del successivo art. 2293, c.c.
Interesse del socio al potenziamento e
conservazione della consistenza della società
Cass. 15.11.1999, n. 12615
Nelle società di capitali, che sono
titolari di distinta personalità giuridica e di un proprio patrimonio,
l'interesse del socio al potenziamento ed alla conservazione della consistenza
economica dell'ente è tutelabile esclusivamente con strumenti interni,
rappresentati dalla partecipazione alla vita sociale e dalla possibilità di
insorgere contro le deliberazioni o di far valere la responsabilità degli organi
sociali.
Invece, l'interesse del socio al
potenziamento ed alla conservazione della consistenza economica dell'ente non
implica la legittimazione a denunciare in giudizio atti esterni ed in
particolare ad impugnare i negozi giuridici stipulati dalla società, la cui
validità, anche nelle ipotesi di nullità per illiceità dell'oggetto, della
causa o dei motivi, resta contestabile solo dalla società stessa, senza che in
contrario il socio possa invocare la norma dell'art. 1421, c.c.
Obblighi assunti dal socio verso la
società non sono trasferibili, salvo specifico patto
Cass. 30.03.1987, n. 3052
La compravendita di azioni può trasferire
in capo all'acquirente, indipendentemente da specifico patto, gli obblighi
inerenti alla qualità di socio, posti dall'atto costitutivo o da deliberazioni
assembleari, non anche quelli che derivino da impegni personalmente assunti dal
venditore verso la società con autonomi contratti (nella specie, per
l'erogazione di mezzi finanziari).
Ne consegue che, rispetto agli impegni
personalmente assunti dal cedente, il debito dell'acquirente, sia pure come
dovere di tenere indenne il venditore di quanto sborsato in favore della
società, può derivare soltanto da un'espressa clausola della compravendita
stessa.
Responsabilità
sussidiaria del socio unico italiano per i debiti di società di capitali estera
Trib.
Milano, 22.01.1998, in Giur. it., 1998,
pag. 1660
L'unico azionista
italiano di una società estera non risponde dei debiti di quest'ultima, se il
creditore non dimostri che la legge nazionale della società di capitali
debitrice preveda una responsabilità del socio unico per le obbligazioni
sociali.
È, infatti, la legge del luogo in cui
è stabilita la sede sociale a stabilire l'obbligazione da cui deriva la
responsabilità sussidiaria del socio unico per i debiti di una società di
capitali.
Sequestro preventivo delle azioni non
colpisce la società, ma il diritto del socio
Cass. pen.
08.05.1992, n. 979
Cass. pen.
22.04.1994, n. 668
Discende dalla disciplina generale che la
società di capitali (nel caso: a responsabilità limitata) è un autonomo
soggetto di diritto, distinto dai singoli soci (artt. 2331 e 2475, u.c., c.c.)
ed è titolare di un proprio patrimonio, costituito dal complesso degli elementi
attivi e passivi, facenti capo al soggetto societario.
Il diritto alla quota, che ha natura
obbligatoria, attiene, a sua volta, alla posizione dei singoli soci, ed ha ad
oggetto, non una frazione ideale degli elementi attivi del patrimonio sociale,
che appartengono, invece, alla società, ma una percentuale degli utili di ogni
esercizio e l'eventuale eccedenza attiva in caso di liquidazione.
Con la conseguenza che il sequestro
preventivo delle quote, non colpendo né la società - persona giuridica, né il
suo patrimonio, ma esclusivamente il diritto dei singoli soci, non soggiace al
divieto di cui al combinato disposto degli artt. 321, c. 2, c.p.p. e 240, c.p.
Soci, coniugi in regime di comunione
legale
Cass.
18.08.1994, n. 7437, Vita not., 1995, pag. 839
Cass.
12.12.1986, n. 7409, Foro it., 1987, I, pag. 1101
Cass. 27.01.1984 n. 640, Giust. civ.,
1984, I, pag. 3090
Trib. Reggio Emilia 17.12.1984, Riv.
not., 1985, pag. 440
È ammessa la partecipazione congiunta o separata di coniugi a società di
capitali con i terzi, generalmente comportanti la limitazione della
responsabilità; né si riscontra nella normativa della comunione legale alcuna
norma che impedisca tale possibilità.
Gli acquisti di partecipazioni sociali
comportanti responsabilità limitata ricadono in comunione legale ai sensi
dell'art. 177/a c.c.
A sostegno di questa affermazione si
rileva in primo luogo come nessuna norma del Codice possa essere ritenuta
ostativa all'esistenza di tale figura.
Inoltre, si evidenzia sia come i coniugi
configurino una pluralità di soci, essendo essi due soggetti autonomi e
distinti, caratterizzati da interessi patrimoniali diversi, sia come non possa
ritenersi unico socio la comunione quale entità indipendente.
Pertanto, sarà riscontrabile una persona
giuridica società, dotata di soggettività e patrimonio autonomi rispetto a
quello dei coniugi soci, la cui attività sarà assoggettata alla normativa
societaria, salvo che per l'amministrazione delle quote che resteranno comunque
oggetto della comunione.
Il capitale sociale non apparterrebbe ad
un solo soggetto ma ai due coniugi, si da risultare inapplicabile l'art. 2362,
c.c., e della conseguente responsabilità illimitata per l'unico socio.
N.B.
La dottrina
prevalente ammette la partecipazione nelle società di persone, solitamente a
responsabilità illimitata dei soci, insieme ai terzi sia di un solo coniuge,
che di entrambi: l'intervento del terzo che gestisce l'impresa collettiva
insieme ai coniugi impedisce la configurabilità della comunione legale,
rendendo questo genere di attività comunitaria del tutto incompatibile con
l'impresa coniugale ex art. 177/d, c.c., e quindi soggetta esclusivamente alla
disciplina societaria.
La comprensione di
quote sociali in un fondo patrimoniale sarà possibile solo nel caso in cui
siano rappresentate da azioni, vale a dire titoli di credito nominativ: in tale
ipotesi si dovrà, di conseguenza, procedere alla annotazione del vincolo sia
sul titolo che sul libro dei soci.
Socio fidejussore della società
Cass. 26.09.1979, n. 4961, in Giur. it. 1980, I, 1, pag. 1545
Non sussiste alcuna incompatibilità tra
la posizione di socio di una società di capitali e quella di fideiussore della
medesima, in quanto, in forza della fideiussione, lo stesso soggetto,
rispondendo col proprio patrimonio dell'adempimento del debitore principale,
assume, verso il creditore, un'obbligazione sussidiaria diversa da quella verso
la società, limitata al conferimento della quota di partecipazione.
Socio dominante non è responsabile
illimitatamente in via analogica con l'unico azionista
Cass.
07.10.1982, n.
L'art. 2362, c.c., sancendo la
responsabilità illimitata dell'unico azionista per le obbligazioni sociali
relative al tempo in cui egli è stato titolare dell'intero pacchetto azionario,
deroga al principio generale della responsabilità limitata previsto dagli artt.
2325 e 2472, c.c.
Ne consegue che tale articolo non è
applicabile analogicamente ad ipotesi diverse da quella prevista, la quale si
configura solo quando i soci sono ridotti ad un solo soggetto (o per le stesse
risultanze formali o per l'accertamento della presenza meramente fittizia di
altri soci), ma non quando uno dei soci si trovi in posizione dominante
riguardo alla volontà gestionale ed agli effetti patrimoniali della gestione
medesima, né se il pacchetto azionario di una seconda o di altre società
risultanti tra i soci sia posseduto totalitariamente dal socio dominante.
Socio dominante di società di capitali
dichiarata fallita non è assoggettabile a fallimento
Trib. Genova, 28.11.1985, in Giur. comm., 1987, II, pag. 148
Il socio sovrano di società di capitali
dichiarata fallita non è assoggettabile a fallimento.
Società di fatto tra i soci di una o più
società di capitali
Trib. Messina, 15.02.1996
E' configurabile una società di fatto tra
i soci di una o più società di capitali i quali, abusando della personalità
giuridica ed esautorando l'attività dei loro organi, abbiano dato vita ad
un'attività di impresa, con confusione dei patrimoni e con un unico centro di
imputazione di tutti i rapporti giuridici patrimoniali facenti capo ai singoli
enti.
In questo caso, sussistendo lo stato di
insolvenza, va dichiarato il fallimento delle società di capitali e della
società di fatto, nonchè dei soci illimitatamente responsabili e va disposta la
separazione delle masse di ciascuna società di capitali, nelle quali
confluiranno i debiti assunti da ciascuna, di quella della società di fatto,
nella quale saranno ammesse tutte le obbligazioni contratte nel corso
dell'unica gestione posta in essere, ed infine di quelle dei soci
illimitatamente responsabili nelle quali saranno insinuate le obbligazioni
della società di fatto e quelle personali di detti soci.
Responsabilità degli amministratori e dei
sindaci
Cass.
09.12.1976, n. 4577
Cass.
19.11.1981, n.
La personalità giuridica acquistata dalla
società di capitali con l'iscrizione di cui all'art. 2330, c.c., e la perfetta
autonomia patrimoniale che vi inerisce, comportano l'esclusiva imputabilità
alla società degli atti compiuti e dell'attività svolta in suo nome e delle
relative conseguenze patrimoniali passive, con la conseguenza che - al di
fuori del caso tassativamente previsto dall'art. 2362, c.c. - la violazione
delle regole del diritto societario che si sia tradotta in danno per la
società, o per i creditori o per i soci o per i terzi, ha come unica sanzione
la responsabilità civile degli amministratori ed eventualmente anche dei
sindaci, ma non comporta la possibilità che la titolarità della relativa
impresa dalla società possa attribuirsi o propagarsi ai soci che, dietro lo
schermo della società, svolgano, come propria e personale, l'attività
formalmente imputabile alla prima.
Società di capitali e di persone
Società
di capitali e di persone costituite dagli stessi soci, restano autonome
Cass.
10.08.1990, n.
Tra i soci di una società di capitali
con personalità giuridica, è configurabile una società personale, collaterale,
con attività autonoma, la quale - pur quando esistano coincidenze di aree
operative o sfruttamento di situazioni favorevoli di mercato realizzate dalla
società, persona giuridica, o a quest'ultima la detta impresa presti, o da essa
riceva, il supporto di indispensabili elementi - non cessa di essere un centro di imputazioni
di atti e di attività distinto dalla società di capitali, con distinti elementi
di rischio e distinte eventualità di dissesto.
Ne consegue che questo, ove si
verifichi, può determinare il fallimento della società collaterale, in quanto
dipenda dalla propria autonoma attività e dal passivo che ad essa si ricollega,
senza che la collateralità sia da sola sufficiente a determinare una
sovrapposizione, o una confusione, di imprese, od un'osmosi di situazioni
passive, salvo la possibilità di responsabilità cumulative riguardo a
particolari obbligazioni derivanti da affari specifici assunti in comune o da
specifiche prestazioni di garanzie.
Società di capitali non può versare in
società di fatto con persona fisica
Cass. 09.12.1976, n.
Tra le società di capitali e le società
di persone sussiste una tale incompatibilità ontologica e di struttura da
escludere in radice la possibilità di ipotizzare che una società a base
capitalistica, come la società per azioni, possa far parte di una società a
base personale e dar luogo ad una società di fatto con una persona fisica.
Società di capitali non poteva partecipare in società di
persone
Cass. 09.12.1976, n.
Cass.,
S.U., 17.10.1988, n.
(Prima della
riforma del diritto socidetario) fra le società di capitali e le società
di persone sussiste(va) una tale
incompatibilità ontologica e di struttura da escludere, pena la nullità, in
radice la possibilità di ipotizzare per una società a base capitalistica far
parte di una società a base personale e dar luogo ad una società di fatto con
una persona fisica.
App. Torino, 20.07.1998, in Nuova giur. civ., 1999, I, pag. 135
(Prima della
riforma del diritto socidetario) è(ra)
inammissibile la presenza di una società di capitali come socio di una società
di persone, in quanto situazione contrastante con disposizioni inderogabili in
tema di pubblicità dei bilanci e di competenza degli amministratori nelle
società di capitali.
Unico azionista
persona giuridica responsabile ex art. 2362
Cass. 28.04.1994, n.
Giur. it. 1994, I, 1, pag. 1254; Società 1994, pag.
1193
La responsabilità dell'unico azionista
per le obbligazioni sociali prevista dall'art. 2362 cod. civ. - che integra
un'eccezionale deroga al principio della responsabilità esclusiva della società
di capitali per le obbligazioni sociali, nell'ipotesi di mancanza della
pluralità dei soci - sussiste sia nell'ipotesi che l'unico azionista sia una
persona fisica sia in quella che socio unico sia una persona giuridica (nella
specie, un'altra società per azioni). Tale principio ha trovato conferma nel
nuovo testo dell'art. 2497, secondo comma, cod. civ. - introdotto con l'art. 7
del D.LGS. n. 88 del 1993, in attuazione della XIII direttiva C.E.E. sul
diritto delle società, relativa alle S.R.L. con unico socio (dir. n. 89/667
C.E.E.) - che, al punto "a", ha previsto che unico socio
illimitatamente responsabile possa essere una persona giuridica.
Unico azionista,
persona fisica
Cass.
22.06.1990, n.
La concentrazione delle azioni di più
società nelle mani di un unico socio, per l'intero capitale o per quota
sufficiente ad assicurare il controllo, ancorché accompagnata dall'acquisto da
parte del medesimo socio, persona fisica, della funzione di amministratore in
tutte le società, non implica di per sé invalidità degli atti compiuti da
ciascuna società, considerando che l'ordinamento non vieta la formazione di
"gruppi" tramite il collegamento od il controllo di società (salvi i
limiti per l'acquisto o sottoscrizione di azioni di cui agli artt. 2359-2361
cod. civ., nonché la responsabilità verso i creditori dell'unico azionista, ai sensi
dell'art. 2362 cod. CIV.). Anche in tali ipotesi, pertanto, la validità ed
operatività di quegli atti va riscontrata sulla base delle disposizioni che
regolano la formazione ed attuazione della volontà sociale (oltre che delle
comuni norme negoziali).
Holding di tipo personale
Cass. 26.02.1990, n.
In ipotesi di "holding" di tipo
personale, cioè di persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in
veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, e che svolga
professionalmente, con stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo ed il
coordinamento delle società medesime (non limitandosi così al mero esercizio
dei poteri inerenti alla qualità di socio), la configurabilità di un'autonoma
impresa, come tale assoggettabile a fallimento, postula che la suddetta attività,
sia essa di sola gestione del gruppo (cosiddetta holding pura), ovvero pure di
natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in
atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, quindi fonte di
responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine
a perseguire utili risultati economici, per il gruppo o le sue componenti,
causalmente ricollegabili all'attività medesima.